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Una open call per FURFY

Cari amici,
questo è un invito a partecipare a un progetto piuttosto ambizioso: raccogliere un numero consistente di campioni del lichene Pseudevernia furfuracea per definire i valori di background di elementi in traccia in Italia.
I proponenti (Paola Adamo, Roberto Bargagli, Simonetta Giordano, Mauro Tretiach) mettono a disposizione il costo delle analisi di c. 500 campioni, da raccogliersi su tutto il territorio nazionale, in ambienti naturali o prossimo-naturali, e la preparazione pre-analisi, ma la raccolta su tutto il territorio nazionale è possibile solo con l’aiuto di tutti voi…

Bibliografia dei lavori di biomonitoraggio basati sull’uso di Pseudevernia furfuracea.

Perché FURFY?
Pseudevernia furfuracea si presenta come una scelta quasi obbligata per uno studio di questo tipo. La specie infatti offre i seguenti vantaggi:
1. essa è frequentemente utilizzata in studi di carattere metodologico (vedi ad es. Adamo et al. 2007, 2008; Bari et al. 2001; Giordano et al. 2008; Nascimbene et al. 2014; Vingiani et al., 2004) e applicativo (ad es. Tretiach et al. 2011), vista l’ottima resistenza ai trapianti (vedi ad es. Tretiach et al. 2007) e la facilità di reperimento se si va nei posti giusti;
2. l’unico materiale lichenico certificato è proprio di Pseudevernia furfuracea (BCR 482, vedi Quevauviller et al. 1996);
3. c’è un unico studio espressamente dedicato alla determinazione dei valori di background di P. furfuracea per due singole aree remote (Bergamaschi et al. 2004). Nella letteratura italiana sono disponibili certamente molti più dati, che a suo tempo alcuni di noi hanno raccolto e analizzato criticamente in funzione di un progetto PRIN 2002, a cui si sono nel frattempo aggiunti molti altri (vedi ad es. Loppi 2014);
4. le due varietà più diffuse, quella nominale (C-) e la var. ceratea (C+), sono state oggetto di uno studio sulla distribuzione a livello nazionale (Martellos 2003), e ulteriori interessanti dati – largamente inediti – sono stati raccolti più recentemente sulla vicarianza altitudinale delle due varietà nel settore alpino;
5. la specie è stata oggetto di diversi studi istologici (Rinino et al. 2005), fisiologici (Tretiach et al. 2005) e sui meccanismi di bioaccumulo nelle due varietà (Malaspina et al. 2014).

Perché partecipare?
L’idea di questo progetto è nata nell’ambito di un altro lavoro che stiamo conducendo con i muschi. Alcuni di noi devono condurre alcune campagne di raccolta ad hoc in siti ritenuti particolarmente interessanti, soprattutto lungo gradienti altitudinali, e quindi c’era l’occasione per prendere i classici “due piccioni con una fava”. La brutta notizia è che non abbiamo a disposizione fondi per coprire le spese di viaggio o di pernottamento di alcuno, e il nostro stesso lavoro verrà svolto usando propri fondi di ricerca e soprattutto sfruttando le occasioni di viaggio più disparate. Cosa si offre allora a chi collabora a questa idea progettuale?
1. una “co-autorship” nelle eventuali pubblicazioni che dovessimo produrre in base ai dati raccolti per tutti coloro i quali forniranno abbondante materiale da almeno cinque siti;
2. dei sentiti ringraziamenti a quanti collaboreranno solo sporadicamente al progetto, ringraziamenti che non saranno solo degli eventuali autori, ma anche di quanti in futuro continueranno ad usare i dati che verranno prodotti.

Quanto materiale?
Ogni campione analizzato dovrà pesare non meno di 250 mg, e dovrà derivare da almeno quattro talli di media grossezza della medesima varietà. Ogni sito dovrà essere rappresentato potenzialmente da almeno 8 campioni analitici. Questo significa raccogliere più di 30 talli per ogni sito. Non tutto il materiale verrà analizzato, in quanto la frequenza delle due varietà è estremamente variabile in dipendenza della zona e dell’altitudine, per cui solo dopo la loro identificazione sarà possibile stabilire quanti campioni sperimentali potranno essere allestiti per lo specifico sito in base al materiale ricevuto.

Come raccogliere il materiale
È altamente consigliato raccogliere i talli tagliando un pezzetto del ramo su cui crescono, o prelevando direttamente un pezzo della scorza, in modo da non toccare i talli con il metallo del coltello o con le mani; è comunque caldamente consigliato di indossare dei guanti di plastica, ad es. quelli distribuiti nei supermercati per maneggiare le verdure. È meglio se si raccolgono i campioni da un unico tipo di substrato, ad es. la scorza di un’unica specie di albero, e preferire la raccolta dai rami degli alberi piuttosto che dai tronchi, perché ci sono delle differenze a carico di alcuni elementi (vedi Adamo et al. 2008).

Come conservare il materiale
Il materiale va introdotto in una di quelle classiche buste di carta per il pane (senza briciole, N.d.A.), e, quando secco, in un sacchetto di plastica di quelli che si usano per riporre il cibo nel freezer, ovviamente sigillato con un elastico o con una fascetta metallica plastificata.

Dati di raccolta
Per ogni sito, è fondamentale fornire le informazioni classiche che ognuno di noi trascrive sull’etichetta di un campione d’erbario: località esatta, possibilmente georeferenziata, altitudine, substrato, data, e nome del raccoglitore. Si richiede però di aggiungere anche ulteriori informazioni sul sito: roccia madre; lontananza in linea d’aria da centri abitati, aree artigianali e/o industriali e strade, indicando ove possibile le dimensioni e i volumi di traffico.
questo link la scheda da compilare per ogni sito di campionamento.

A chi inviare il materiale
Se si vuole evitare le spese di spedizione, il materiale può essere portato al prossimo convegno della SLI. Altrimenti, siete pregati di inviare il materiale (magari preannunciando il suo arrivo con una email) al seguente indirizzo:
Mauro Tretiach, Dipartimento di Scienze della Vita, Via L. Giorgieri 10, 34127 Trieste.
Il materiale verrà infatti verificato e preparato per le analisi dal gruppo di ricerca di Trieste.

In relazione al gruppo di lavoro del Biomonitoraggio…
Vogliamo solo aggiungere che la possibilità di condurre questa ricerca è nata all’improvviso e abbiamo valutato che non aveva senso aspettare di vederci a Montecatini per parlarne e discuterne nell’ambito del GdL, perché avremmo perso la stagione più favorevole per la raccolta. Ovviamente, se il GdL lo vorrà, questa attività potrà entrare di diritto tra quelle co-gestite dal GdL stesso. Discuteremo volentieri con tutti come condurre nel migliore dei modi la raccolta, e con i più volenterosi, anche tutti gli aspetti scientifici dell’iniziativa.

Il motto della call: “Più FURFY per tutti…”

Bibliografia (non esaustiva)
Adamo P., Agnorelli C., Bargagli R., Giordano S., Modenesi P., Pittao E., Tretiach M. (2007). Lichen and moss bags as monitoring device in urban areas, part II: trace elements content in living and dead biomonitors and comparison with synthetic materials. Environmental Pollution 146: 392-399.
Adamo P., Bargagli R., Giordano S., Modenesi P., Monaci F., Pittao E., Spagnuolo V., Tretiach M. (2008). Natural and pre-treatments induced variability in the chemical composition and morphology of lichens and mosses selected for active monitoring of airborne elements. Environmental Pollution 152: 11-19.
Bari A., Rosso A., Minciardi M.R., Troiani F., Piervittori R. (2001). Analysis of heavy metals in atmospheric particulates in relation to their bioaccumulation in explanted Pseudevernia furfuracea thalli. Environmental Monitoring and Assessment 69: 205-220.
Bergamaschi L., Rizzio E., Giavari G., Profumo A., Loppi S., Gallorini M. (2004). Determination of baseline element composition of lichens using samples from high elevations. Chemosphere 55: 933-939.
Giordano S. Adamo P., Spagnuolo, V, Tretiach M., Bargagli R. (2013). Towards a harmonization of the moss-bag monitoring technique: further tests on the accumulation of airborne trace elements in mosses, lichens and synthetic materials. Chemosphere 90: 292-299.
Loppi S. (2014). Lichens as sentinels for air pollution at remote alpine areas (Italy). Environmental Science Pollution Research 21: 2563-3571.
Malaspina P., Giordani P., Modenesi P., Abelmoschi M.L., Magi E., Soggi F. (2014) Bioaccumulation capacity of two chemical varieties of the lichen Pseudevernia furfuracea. Ecological Indicators 45: 605-610.
Martellos S. (2003). The distribution of the two chemical varieties of the lichen Pseudevernia furfuracea in Italy. Plant Biosystems 137: 29-34
Nascimbene J., Tretiach M., Corana F., Lo Schiavo F., Kodnik D., Dainese M., Mannucci B. (2014). Patterns of traffic polycyclic aromatic hydrocarbons pollution in mountain areas can be revealed by lichen biomonitoring: a case study in the Dolomites (Eastern Italian Alps). Science of the Total Environment 475: 90-96.
Rinino S., Bombardi V., Giordani P., Tretiach M., Crisafulli P., Monaci F., Modenesi M. (2005). New histochemical techniques for the localisation of heavy metal ions in the lichen thallus. Lichenologist 37: 463-466
Tretiach M., Crisafulli P., Pittao E., Rinino S., Roccotiello E., Modenesi P. (2005). Isidia ontogeny and its effects on the CO2 gas exchanges of the epiphytic lichen Pseudevernia furfuracea (L.) Zopf. Lichenologist 37: 445-462.
Tretiach M., Adamo P., Bargagli R., Baruffo L., Crisafulli P., Giordano S., Modenesi P., Orlando S., Pittao E., 2007. Lichen and moss bags as monitoring devices in urban areas, part I: influence of exposure on vitality. Environmental Pollution 146: 380-391.
Tretiach M., Candotto Carniel F., Loppi S., Del Bianco C., Bortolussi A., Mazzillis D., Carniel A., 2011. Lichen transplants as a suitable tool to identify mercury pollution from waste incinerators: a case study from NE Italy. Environmental Monitoring and Assessment 175: 589-600.
Quevauviller P., Herzig R., Muntau H. (1996). Certified reference material of lichen (CRM 482) for the quality control of trace element biomonitoring. Science of The Total Environment 187: 143-152.
Vingiani S., Adamo P., Giordano S. (2004). Sulphur, nitrose and carbon contento of Sphagnum capillifolium and Pseudevernia furfuracea exposed in bags in the Naples urban area. Environmental Pollution 129: 1145-158.

Trieste-Siena-Napoli, 30 luglio 2014

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